INTERVISTA ai demogo:
Redazione:
Ciao Simone, ciao Alberto, ciao Anita!
Dove
si colloca il vostro intervento?
demogo:
L’area della quale ci stiamo occupando è quella dell’ anfiteatro di Luni.
Redazione:
Diteci un titolo e uno slogan per il vostro progetto…
demogo:
Il titolo potrebbe essere “NUOVO VS ANTICO - retorica della memoria”, lo slogan…
“Anfiteatro transformer - “ I’M A
MONUMENT, USE ME!”
Redazione:
Quindi nel vostro progetto rientra il concetto di “memoria”…cosa rappresenta
per voi la “memoria”?
demogo: Il filoso francese Jacque Derrida in “Of
Grammatology”, sostiene che è possibile un'altra forma di memoria, una memoria
che non riguarda più i frammenti o rappresentazioni o astrazioni, bensì
qualcosa che egli definisce traccia.
La traccia è la presenza di un’assenza, una presenza che non è più
nella sua pienezza metafisica (neppure un assenza in opposizione dialettica
alla presenza). Una traccia della memoria, che in architettura costituisce il
rapporto con la collettività attraverso la stratificazione selettiva dei
frammenti resistenti.
Redazione:
Di cos’è costituita la memoria di cui parlate?
demogo: La costruzione della memoria è fatto
circonstanziato, la conservazione del patrimonio culturale è un risultato di
giudizi variabili e contingenti, nonché del mutare delle mentalità collettive
che lo accompagnano. Ne risulta che la conservazione ed il rapporto con l’antico
sono il portato di scale di valori instabili, anche se generalmente tali valori
tendono ad attribuire un valore prevalente al tempo trascorso rispetto a quello
presente, alla conservazione rispetto alla trasformazione , al persistere
rispetto al divenire. Questo aspetto ha un forte valore positivo rispetto alla
conservazione del patrimonio storico, che tuttavia troppo spesso si traduce semplicemente
nell’inconciliabile scelta tra il congelamento dell’opera o la trasformazione
della stessa.
Redazione: Quale credete sia l’approccio progettuale da
seguire rispetto a contesti nei quali la storia e la memoria costituiscono il
valore principale?
demogo: Rispetto a queste pericolose relazioni tra nuovo
e antico sussiste un grande vuoto teorico fermo alla contesa tra John Ruskin e
Viollet le Duc, il nostro lavoro punta invece spostare l’oggetto in una
posizione interlocutoria ibrida all’interno del piano dibattito tra nuovo e
antico. Una linea di crinale critica contraria all’efficacia di modelli, ma
intesa invece come interpretazione delle circostanze.
Redazione: Come si presenta oggi l’area dell’antico
anfiteatro di Luni?
demogo: L’area di studio è caratterizzata fortemente
dalla presenza dell’antico anfiteatro romano di Luni. L’anfiteatro è una
costruzione a pianta ellittica, che racchiude in sé un importante carattere
evocativo. E’ una forma chiusa che tendenzialmente costruisce un dialogo fondato
sulla contrapposizione tra architettura e natura.
L’anfiteatro trasformato dal processo di erosione materica del tempo,
si trova in uno stato intermedio di sospensione, un’architettura interrotta
dove la tradizionale concatenazione utilitas-firmitas-venustas è stata
scomposta.
Redazione: Cosa intendete dire? Spiegateci…
demogo: L’utilitas
-e per utilitas intendiamo la
funzione- è venuta meno nel corso dei secoli e l’architettura è divenuta rovina
stabilendo un punto di contatto tra momenti lontani dell’arco temporale
evolutivo. Così il tempo del rudere coincide con un momento iniziale della
costruzione, in una suggestiva circolarità della vita dell’edificio.
Redazione: Un processo temporale quindi…
demogo: Questo aspetto del rapporto mutevole, tra lo
spazio ed il tempo in architettura, suggerisce la questione del limite, ovvero
la definizione dei bordi tra l’opera ed il suo contesto attraverso l’evoluzione
temporale.
La nostra unità di ricerca svilupperà ipotesi operative che
cercheranno di manipolare il concetto di limite, lavorando sul rapporto tra lo
spazio dentro e fuori l’anfiteatro, in una rilettura dell’architettura che
esplorerà questa eterna polarità tra il vuoto e lo spazio costruito, attraverso
meccanismi di inversione.
Redazione: Detto ciò, come pensate di sviluppare il vostro
progetto?
demogo: Il workshop punterà a costruire possibili
strategie di utilizzo dell’intera area, uno studio di soluzioni in grado di
trasformare le rovine dell’anfiteatro in uno spazio da abitare, ristabilendo l’antico
legame tra questa architettura e l’uomo. Si cercherà, inoltre, di amplificare
le risonanze culturali latenti di questo luogo, ridefinendo così nuovi limiti
dotati della necessaria flessibilità spaziale contemporanea.
Redazione: Come pensate di impostare questa strategia anche
dal punto di vista operativo?
Gli studenti lavoreranno su due fronti, in una metodologia bipolare,
utilizzeranno infatti strumenti operativi differenti dovuti alla complessità
delle questioni in gioco.
1-
I bordi dell’area saranno ridisegnati attraverso architetture
di servizio, spazi necessari al nuovo funzionamento dell’anfiteatro,
costituendo così un perimetro “duro” al sistema in grado di proteggere il sito
archeologico.
2-
L’anfiteatro sarà oggetto di sperimentazione attiva, gli
studenti saranno stimolati a confrontarsi con questo importante spazio
ellittico, dovranno proporre, attraverso sistemi di costruzione a secco,
processi di modificazione funzionale reversibili. Tali processi dovranno
concentrarsi principalmente sulle diverse possibilità di utilizzo delle antiche
rovine puntando non al rapporto di forma ma alla costruzione di programmi di
utilizzo.
Redazione: Ma queste due strategie distinte, declinate con
due diversi interventi, porteranno ad un progetto di sintesi?
demogo: Queste strategie convergeranno infine in un
progetto unitario, un processo di ibridazione metodologica in continuità con l’importante
lavoro di analisi e di definizione del nuovo rapporto tra tutela e promozione
dell’archeologia fatto da Archeonet precedentemente
Al gruppo di ricerca sarà richiesto di ripensare il limite tra
architettura e contesto, di sviluppare una strategia di riappropriazione di
questo luogo, con un progetto concreto che mostri come sia possibile stabilire
un dialogo tra l’antico anfiteatro ed il bisogno di abitare il nostro tempo.
Redazione:
Grazie! Buon lavoro!
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