Visualizzazione post con etichetta paesaggio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta paesaggio. Mostra tutti i post

venerdì 29 giugno 2012

GOSSIP- stARTT


INTERVISTA AGLI stARTT

Riflessioni sul tema 1 – Accoglienza e punto informativo dell’area archeologica dell’antica città della Luna.
di Simone Capra, Francesco Colangeli* e Dario Scaravelli**.

Redazione: Ciao Simone, ciao Francesco, ciao Dario…vorremo farvi qualche breve domanda riguardo il vostro progetto e il workshop…
stARTT: ok!
Redazione: Dunque…cosa rappresenta per voi in paesaggio?...termine spesso abusato…e come viene concepito e inteso il paesaggio nel contesto italiano?
stARTT: C’è una interpretazione del paesaggio, cresciuta nel seno della cultura italiana, che indica con questa parola la parte visibile di un territorio; laddove il territorio viene riconosciuto come una porzione di terra sottoposta ad una determinata struttura di poteri che ne disegna gli assetti.
Secondo questa lettura, la radice di territorio non sarebbe riconducibile a terra, ma piuttosto a terrere, terrorizzare, l’esercizio del potere attraverso la gestione della violenza. [1]

Redazione: Spiegaci meglio…

stARTT: In questi termini l’accezione di paesaggio viene soggiogata a quella di territorio - ma liberata da altri significati che lo riducono a panorama o fondale di una azione umana - esaltandone la sua capacità di suggerire rapporti estetici tra l’individuo e il mondo, che sono, a loro volta, immediatamente conoscitivi.
Se attraverso l’osservazione del paesaggio è possibile riconoscere gli assetti del territorio, la percezione estetica dello sguardo diviene uno strumento di conoscenza per leggere e intervenire in una determinata porzione di mondo.
Questa riflessione, scaturita in un ambito disciplinare proprio della geografia e che fa riferimento ai viaggi ed alle esplorazioni di Humboldt, è importante per gli architetti perché dà un contributo al tentativo di mettere in ordine la relazione paesaggio – territorio – potere; dove quest’ultimo non va declinato – almeno nel nostro contesto – come potere assoluto, ma piuttosto come micropoteri, che stabiliscono delle relazioni reciproche o gerarchiche tra loro e si sedimentano nello spazio reale. Dentro questi rapporti di forza e di assetti, il progetto di architettura presenta la forza propositiva di trasformare gli equilibri esistenti per accendere porzioni latenti di territorio e far emergere nuove forme di assetti spaziali, quindi di poteri:
Il progetto come strumento per innescare l’innovazione e suggerire percezione/conoscenza.

Redazione: Alla luce di queste interessanti considerazioni come intendete, quindi, organizzare questo workshop?

stARTT: Partendo da queste riflessioni abbiamo elaborato un discorso comune tra architetti-tutor e studenti che lavorasse sulla capacità conoscitiva della percezione, mediata attraverso il manufatto d’architettura, come strumento per selezionare percorsi e viste, privilegiare rapporti figurativi tra gli elementi geografici e i segni dell’uomo; in una battuta per conoscere il territorio attraverso lo sguardo.

Redazione: Qual è il tema del vostro intervento?

stARTT: Il tema 1 del laboratorio riguarda la progettazione di un portale, punto informativo e accoglienza da dislocare a ridosso dell’autostrada; che presenti il sito archeologico dell’antica città di Luni e possa prevedere il ricollocamento del museo esistente, realizzato negli anni sessanta sul suolo archeologico del foro della città. Unito al tema dei servizi di accesso vi è una ulteriore richiesta che prevede le dotazioni infrastrutturali di parcheggi e di soluzione per il ricongiungimento delle aree a valle e a monte dell’infrastruttura, al fine di colmare la cesura tra il sito monumentale e la linea di costa.

Redazione:  Quale strategia proponete ?

stARTT: Il programma è affrontato attraverso le lenti conoscitive che l’accezione di paesaggio ci offre:
Il tema funzionale è risolto dentro la percezione estetica; i percorsi obbligati, in macchina come a piedi  diventano strumenti attraverso i quali esperire il paesaggio, lavorando di volta in volta sull’osservazione statica e sull’osservazione in movimento. Il lavoro sulla percezione usa lo spazio architettonico come limite per l’inquadramento e la selezione delle viste; in questo senso, la qualità dell’architettura e del paesaggio è pensata immediatamente come valore d’uso capace da un lato di richiamare le persone e invitare all’attraversamento, dall’altro di svolgere una funzione educatrice e di redistribuzione delle conoscenze, evitando le formule della didattica su cartellone e affidando alla lettura dei segni sul territorio la capacità di essere riconosciuti. All’interno di queste relazioni emergono in primo piano le tessiture della piana, la fascia collinare pedemontana con i sistemi insediativi di origine altomedioevali e infine il profilo delle Alpi Apuane sullo sfondo.

Redazione: Qual è il ruolo dell’architettura all’interno del vostro progetto?

stARTT: L’uso dell’architettura, come strumento a scala territoriale, opera una selezione del visibile che cerca di schermare i brani compromessi del territorio, per aprirsi ad una narrazione per parti o sintetica degli elementi presenti a scala geografica. L’archeologia è il primo piano nelle incisioni a terra di questo sistema figurativo.

Redazione: E per quanto riguarda il metodo che avete assunto?

stARTT: Il metodo di lavoro adottato è pensare il progetto come esperienza comune, frutto dello scambio e della condivisione delle idee tra studenti, a prescindere dal titolo di studio e dall’anno di corso; non la formalizzazione di una idea autoriale di uno studio al quale si partecipa in rapporto di dipendenza, ma il prodotto di un discorso comune, in cui i tutor compaiono come facilitatori.

Redazione: Quali sono i temi individuabili all’interno del vostro intervento?

stARTT: La discussione è stata suddivisa in tre grandi temi in rapporto gerarchico e di verifica tra loro:
1.   Paesaggio – figurazione – archeologia.
Affronta la relazione tra paesaggio e archeologia, pensando a quest’ultima come parte del territorio e non come uno stato di eccezione,[2] dove la percezione del visibile avviene attraverso la figurazione dello spazio architettonico.
2.   Infrastruttura – figurazione;
Mette a verifica le riflessioni sulla figurazione attraverso l’analisi dei punti obbligati del progetto dati dalla presenza dell’autostrada. Articolati i rapporti funzionali, questi sono verificati una seconda volta attraverso la relazione con la percezione: il transito in automobile come sguardo veloce, la sosta del parcheggio come sguardo da fermo, i percorsi a piedi verso l’area archeologica come osservazione in movimento naturale.
3.   Paesaggio – tessiture – materiali.
Ritorna sull’analisi morfologica del paesaggio –primi piani, secondi piani, sfondo– in relazione alle tessiture, grane e cromie dei materiali che li compongono.
Le linee di deflusso delle acque lungo la piana lunense, che informano l’andamento dei frutteti, dei campi, delle vigne e della città archeologica, i piani sequenza delle pinete, infine le cave delle Alpi Apuane sullo sfondo costituiscono un sistema naturato[3] non ancora compromesso tra l’autostrada e la fascia pedemontana che verificano il rapporto figurazione–paesaggio così come articolato nelle due precedenti sessioni di discussione.

Redazione: Grazie mille!! Buon lavoro!!!

* Simone Capra e Francesco Colangeli fanno parte dello studio stARTT (Roma)
** Dario Scaravelli svolge la professione di architetto tra Italia e Cile.


[1] Franco Farinelli, Critica della ragione cartografica, Einaudi, Torino, 2001 (verificare l’anno)
[2] Carl Schmidt, nomos e poi non mi ricordo, poi ti do le note
[3] Vitruvio etc.. da verificare

GOSSIP- demogo


INTERVISTA ai demogo:

Redazione: Ciao Simone, ciao Alberto, ciao Anita!
Dove si colloca il vostro intervento?

demogo: L’area della quale ci stiamo occupando è quella dell’ anfiteatro di Luni.

Redazione: Diteci un titolo e uno slogan per il vostro progetto…

demogo: Il titolo potrebbe essere “NUOVO VS ANTICO - retorica della memoria”, lo slogan… “Anfiteatro transformer  - “ I’M A MONUMENT, USE ME!”

Redazione: Quindi nel vostro progetto rientra il concetto di “memoria”…cosa rappresenta per voi la “memoria”?

demogo: Il filoso francese Jacque Derrida in “Of Grammatology”, sostiene che è possibile un'altra forma di memoria, una memoria che non riguarda più i frammenti o rappresentazioni o astrazioni, bensì qualcosa che egli definisce traccia.
La traccia è la presenza di un’assenza, una presenza che non è più nella sua pienezza metafisica (neppure un assenza in opposizione dialettica alla presenza). Una traccia della memoria, che in architettura costituisce il rapporto con la collettività attraverso la stratificazione selettiva dei frammenti resistenti.

Redazione: Di cos’è costituita la memoria di cui parlate?

demogo: La costruzione della memoria è fatto circonstanziato, la conservazione del patrimonio culturale è un risultato di giudizi variabili e contingenti, nonché del mutare delle mentalità collettive che lo accompagnano. Ne risulta che la conservazione ed il rapporto con l’antico sono il portato di scale di valori instabili, anche se generalmente tali valori tendono ad attribuire un valore prevalente al tempo trascorso rispetto a quello presente, alla conservazione rispetto alla trasformazione , al persistere rispetto al divenire. Questo aspetto ha un forte valore positivo rispetto alla conservazione del patrimonio storico, che tuttavia troppo spesso si traduce semplicemente nell’inconciliabile scelta tra il congelamento dell’opera o la trasformazione della stessa.

Redazione: Quale credete sia l’approccio progettuale da seguire rispetto a contesti nei quali la storia e la memoria costituiscono il valore principale?

demogo: Rispetto a queste pericolose relazioni tra nuovo e antico sussiste un grande vuoto teorico fermo alla contesa tra John Ruskin e Viollet le Duc, il nostro lavoro punta invece spostare l’oggetto in una posizione interlocutoria ibrida all’interno del piano dibattito tra nuovo e antico. Una linea di crinale critica contraria all’efficacia di modelli, ma intesa invece come interpretazione delle circostanze.


Redazione: Come si presenta oggi l’area dell’antico anfiteatro di Luni?

demogo: L’area di studio è caratterizzata fortemente dalla presenza dell’antico anfiteatro romano di Luni. L’anfiteatro è una costruzione a pianta ellittica, che racchiude in sé un importante carattere evocativo. E’ una forma chiusa che tendenzialmente costruisce un dialogo fondato sulla contrapposizione tra architettura e natura.
L’anfiteatro trasformato dal processo di erosione materica del tempo, si trova in uno stato intermedio di sospensione, un’architettura interrotta dove la tradizionale concatenazione utilitas-firmitas-venustas è stata scomposta.

Redazione: Cosa intendete dire? Spiegateci…

demogo: L’utilitas -e per utilitas intendiamo la funzione- è venuta meno nel corso dei secoli e l’architettura è divenuta rovina stabilendo un punto di contatto tra momenti lontani dell’arco temporale evolutivo. Così il tempo del rudere coincide con un momento iniziale della costruzione, in una suggestiva circolarità della vita dell’edificio.

Redazione: Un processo temporale quindi…

demogo: Questo aspetto del rapporto mutevole, tra lo spazio ed il tempo in architettura, suggerisce la questione del limite, ovvero la definizione dei bordi tra l’opera ed il suo contesto attraverso l’evoluzione temporale.
La nostra unità di ricerca svilupperà ipotesi operative che cercheranno di manipolare il concetto di limite, lavorando sul rapporto tra lo spazio dentro e fuori l’anfiteatro, in una rilettura dell’architettura che esplorerà questa eterna polarità tra il vuoto e lo spazio costruito, attraverso meccanismi di inversione.

Redazione: Detto ciò, come pensate di sviluppare il vostro progetto?

demogo: Il workshop punterà a costruire possibili strategie di utilizzo dell’intera area, uno studio di soluzioni in grado di trasformare le rovine dell’anfiteatro in uno spazio da abitare, ristabilendo l’antico legame tra questa architettura e l’uomo. Si cercherà, inoltre, di amplificare le risonanze culturali latenti di questo luogo, ridefinendo così nuovi limiti dotati della necessaria flessibilità spaziale contemporanea.

Redazione: Come pensate di impostare questa strategia anche dal punto di vista operativo?

Gli studenti lavoreranno su due fronti, in una metodologia bipolare, utilizzeranno infatti strumenti operativi differenti dovuti alla complessità delle questioni in gioco.
1-        I bordi dell’area saranno ridisegnati attraverso architetture di servizio, spazi necessari al nuovo funzionamento dell’anfiteatro, costituendo così un perimetro “duro” al sistema in grado di proteggere il sito archeologico.
2-        L’anfiteatro sarà oggetto di sperimentazione attiva, gli studenti saranno stimolati a confrontarsi con questo importante spazio ellittico, dovranno proporre, attraverso sistemi di costruzione a secco, processi di modificazione funzionale reversibili. Tali processi dovranno concentrarsi principalmente sulle diverse possibilità di utilizzo delle antiche rovine puntando non al rapporto di forma ma alla costruzione di programmi di utilizzo.
Redazione: Ma queste due strategie distinte, declinate con due diversi interventi, porteranno ad un progetto di sintesi?

demogo: Queste strategie convergeranno infine in un progetto unitario, un processo di ibridazione metodologica in continuità con l’importante lavoro di analisi e di definizione del nuovo rapporto tra tutela e promozione dell’archeologia fatto da Archeonet precedentemente
Al gruppo di ricerca sarà richiesto di ripensare il limite tra architettura e contesto, di sviluppare una strategia di riappropriazione di questo luogo, con un progetto concreto che mostri come sia possibile stabilire un dialogo tra l’antico anfiteatro ed il bisogno di abitare il nostro tempo.

Redazione: Grazie! Buon lavoro!


GOSSIP-LUNI

...e adesso che siamo agli sgoccioli conosciamo un po' meglio gli studi che partecipano e i loro progetti!!...

MIROARCHITETTI >"in to the wild"[s.p]


...perdersi nella natura per scoprirne nuovi riflessi, visioni, percezioni...
 natura come risorsa, scenario, identità...



 Ci avviciniamo alla postazione del team MIROARCHITETTI, intento a concludere il progetto per la Colonia Olivetti e il sistema delle spiagge...
un gran fermento!!Lasciamoli lavorare...!