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sabato 30 giugno 2012
venerdì 29 giugno 2012
GOSSIP- stARTT
INTERVISTA AGLI stARTT
Riflessioni sul tema 1 –
Accoglienza e punto informativo dell’area archeologica dell’antica città della
Luna.
di Simone Capra, Francesco Colangeli* e Dario
Scaravelli**.
Redazione: Ciao
Simone, ciao Francesco, ciao Dario…vorremo farvi qualche breve domanda riguardo
il vostro progetto e il workshop…
stARTT: ok!
Redazione:
Dunque…cosa rappresenta per voi in paesaggio?...termine spesso abusato…e come
viene concepito e inteso il paesaggio nel contesto italiano?
stARTT: C’è una interpretazione del
paesaggio, cresciuta nel seno della cultura italiana, che indica con questa
parola la parte visibile di un territorio; laddove il territorio viene
riconosciuto come una porzione di terra sottoposta ad una determinata struttura
di poteri che ne disegna gli assetti.
Secondo questa lettura, la radice di
territorio non sarebbe riconducibile a terra,
ma piuttosto a terrere, terrorizzare,
l’esercizio del potere attraverso la gestione della violenza. [1]
Redazione: Spiegaci
meglio…
stARTT: In questi termini
l’accezione di paesaggio viene soggiogata a quella di territorio - ma liberata
da altri significati che lo riducono a panorama o fondale di una azione umana -
esaltandone la sua capacità di suggerire rapporti estetici tra l’individuo e il
mondo, che sono, a loro volta, immediatamente conoscitivi.
Se attraverso l’osservazione del
paesaggio è possibile riconoscere gli assetti del territorio, la percezione
estetica dello sguardo diviene uno strumento di conoscenza per leggere e
intervenire in una determinata porzione di mondo.
Questa riflessione, scaturita in un
ambito disciplinare proprio della geografia e che fa riferimento ai viaggi ed
alle esplorazioni di Humboldt, è importante per gli architetti perché dà un
contributo al tentativo di mettere in ordine la relazione paesaggio – territorio – potere; dove quest’ultimo non va declinato
– almeno nel nostro contesto – come potere assoluto, ma piuttosto come micropoteri, che stabiliscono delle
relazioni reciproche o gerarchiche tra loro e si sedimentano nello spazio
reale. Dentro questi rapporti di forza e di assetti, il progetto di
architettura presenta la forza propositiva di trasformare gli equilibri
esistenti per accendere porzioni latenti di territorio e far emergere nuove
forme di assetti spaziali, quindi di poteri:
Il progetto come strumento per
innescare l’innovazione e suggerire percezione/conoscenza.
Redazione: Alla luce di
queste interessanti considerazioni come intendete, quindi, organizzare questo
workshop?
stARTT: Partendo da queste
riflessioni abbiamo elaborato un discorso comune tra architetti-tutor e
studenti che lavorasse sulla capacità conoscitiva della percezione, mediata
attraverso il manufatto d’architettura, come strumento per selezionare percorsi
e viste, privilegiare rapporti figurativi tra gli elementi geografici e i segni
dell’uomo; in una battuta per conoscere il territorio attraverso lo sguardo.
Redazione: Qual è il tema
del vostro intervento?
stARTT: Il tema 1 del laboratorio
riguarda la progettazione di un portale, punto informativo e accoglienza da
dislocare a ridosso dell’autostrada; che presenti il sito archeologico
dell’antica città di Luni e possa prevedere il ricollocamento del museo
esistente, realizzato negli anni sessanta sul suolo archeologico del foro della
città. Unito al tema dei servizi di accesso vi è una ulteriore richiesta che
prevede le dotazioni infrastrutturali di parcheggi e di soluzione per il
ricongiungimento delle aree a valle e a monte dell’infrastruttura, al fine di
colmare la cesura tra il sito monumentale e la linea di costa.
Redazione: Quale strategia proponete ?
stARTT: Il programma è affrontato
attraverso le lenti conoscitive che l’accezione di paesaggio ci offre:
Il tema funzionale è risolto dentro
la percezione estetica; i percorsi obbligati, in macchina come a piedi diventano strumenti attraverso i quali
esperire il paesaggio, lavorando di volta in volta sull’osservazione statica e
sull’osservazione in movimento. Il lavoro sulla percezione usa lo spazio
architettonico come limite per l’inquadramento e la selezione delle viste; in
questo senso, la qualità dell’architettura e del paesaggio è pensata
immediatamente come valore d’uso capace da un lato di richiamare le persone e
invitare all’attraversamento, dall’altro di svolgere una funzione educatrice e
di redistribuzione delle conoscenze, evitando le formule della didattica su
cartellone e affidando alla lettura dei segni sul territorio la capacità di essere
riconosciuti. All’interno di queste relazioni emergono in primo piano le
tessiture della piana, la fascia collinare pedemontana con i sistemi
insediativi di origine altomedioevali e infine il profilo delle Alpi Apuane
sullo sfondo.
Redazione: Qual è il
ruolo dell’architettura all’interno del vostro progetto?
stARTT: L’uso dell’architettura,
come strumento a scala territoriale, opera una selezione del visibile che cerca
di schermare i brani compromessi del territorio, per aprirsi ad una narrazione
per parti o sintetica degli elementi presenti a scala geografica. L’archeologia
è il primo piano nelle incisioni a terra di questo sistema figurativo.
Redazione: E per quanto
riguarda il metodo che avete assunto?
stARTT: Il metodo di lavoro adottato
è pensare il progetto come esperienza comune, frutto dello scambio e della
condivisione delle idee tra studenti, a prescindere dal titolo di studio e
dall’anno di corso; non la formalizzazione di una idea autoriale di uno studio
al quale si partecipa in rapporto di dipendenza, ma il prodotto di un discorso
comune, in cui i tutor compaiono come
facilitatori.
Redazione: Quali sono i
temi individuabili all’interno del vostro intervento?
stARTT: La discussione è stata
suddivisa in tre grandi temi in rapporto gerarchico e di verifica tra loro:
1.
Paesaggio –
figurazione – archeologia.
Affronta la relazione tra paesaggio e archeologia,
pensando a quest’ultima come parte del territorio e non come uno stato di
eccezione,[2]
dove la percezione del visibile avviene attraverso la figurazione dello spazio
architettonico.
2.
Infrastruttura
– figurazione;
Mette a verifica le riflessioni sulla figurazione
attraverso l’analisi dei punti obbligati del progetto dati dalla presenza
dell’autostrada. Articolati i rapporti funzionali, questi sono verificati una
seconda volta attraverso la relazione con la percezione: il transito in
automobile come sguardo veloce, la sosta del parcheggio come sguardo da fermo,
i percorsi a piedi verso l’area archeologica come osservazione in movimento
naturale.
3.
Paesaggio –
tessiture – materiali.
Ritorna sull’analisi morfologica del paesaggio
–primi piani, secondi piani, sfondo– in relazione alle tessiture, grane e
cromie dei materiali che li compongono.
Le linee di deflusso delle acque lungo la piana
lunense, che informano l’andamento dei frutteti, dei campi, delle vigne e della
città archeologica, i piani sequenza delle pinete, infine le cave delle Alpi
Apuane sullo sfondo costituiscono un sistema naturato[3] non ancora compromesso tra l’autostrada e la fascia pedemontana che
verificano il rapporto figurazione–paesaggio così come articolato nelle due
precedenti sessioni di discussione.
Redazione: Grazie mille!!
Buon lavoro!!!
* Simone Capra e Francesco Colangeli fanno parte dello studio stARTT
(Roma)
** Dario Scaravelli svolge la professione di architetto tra Italia e
Cile.
GOSSIP- demogo
INTERVISTA ai demogo:
Redazione:
Ciao Simone, ciao Alberto, ciao Anita!
Dove
si colloca il vostro intervento?
demogo:
L’area della quale ci stiamo occupando è quella dell’ anfiteatro di Luni.
Redazione:
Diteci un titolo e uno slogan per il vostro progetto…
demogo:
Il titolo potrebbe essere “NUOVO VS ANTICO - retorica della memoria”, lo slogan…
“Anfiteatro transformer - “ I’M A
MONUMENT, USE ME!”
Redazione:
Quindi nel vostro progetto rientra il concetto di “memoria”…cosa rappresenta
per voi la “memoria”?
demogo: Il filoso francese Jacque Derrida in “Of
Grammatology”, sostiene che è possibile un'altra forma di memoria, una memoria
che non riguarda più i frammenti o rappresentazioni o astrazioni, bensì
qualcosa che egli definisce traccia.
La traccia è la presenza di un’assenza, una presenza che non è più
nella sua pienezza metafisica (neppure un assenza in opposizione dialettica
alla presenza). Una traccia della memoria, che in architettura costituisce il
rapporto con la collettività attraverso la stratificazione selettiva dei
frammenti resistenti.
Redazione:
Di cos’è costituita la memoria di cui parlate?
demogo: La costruzione della memoria è fatto
circonstanziato, la conservazione del patrimonio culturale è un risultato di
giudizi variabili e contingenti, nonché del mutare delle mentalità collettive
che lo accompagnano. Ne risulta che la conservazione ed il rapporto con l’antico
sono il portato di scale di valori instabili, anche se generalmente tali valori
tendono ad attribuire un valore prevalente al tempo trascorso rispetto a quello
presente, alla conservazione rispetto alla trasformazione , al persistere
rispetto al divenire. Questo aspetto ha un forte valore positivo rispetto alla
conservazione del patrimonio storico, che tuttavia troppo spesso si traduce semplicemente
nell’inconciliabile scelta tra il congelamento dell’opera o la trasformazione
della stessa.
Redazione: Quale credete sia l’approccio progettuale da
seguire rispetto a contesti nei quali la storia e la memoria costituiscono il
valore principale?
demogo: Rispetto a queste pericolose relazioni tra nuovo
e antico sussiste un grande vuoto teorico fermo alla contesa tra John Ruskin e
Viollet le Duc, il nostro lavoro punta invece spostare l’oggetto in una
posizione interlocutoria ibrida all’interno del piano dibattito tra nuovo e
antico. Una linea di crinale critica contraria all’efficacia di modelli, ma
intesa invece come interpretazione delle circostanze.
Redazione: Come si presenta oggi l’area dell’antico
anfiteatro di Luni?
demogo: L’area di studio è caratterizzata fortemente
dalla presenza dell’antico anfiteatro romano di Luni. L’anfiteatro è una
costruzione a pianta ellittica, che racchiude in sé un importante carattere
evocativo. E’ una forma chiusa che tendenzialmente costruisce un dialogo fondato
sulla contrapposizione tra architettura e natura.
L’anfiteatro trasformato dal processo di erosione materica del tempo,
si trova in uno stato intermedio di sospensione, un’architettura interrotta
dove la tradizionale concatenazione utilitas-firmitas-venustas è stata
scomposta.
Redazione: Cosa intendete dire? Spiegateci…
demogo: L’utilitas
-e per utilitas intendiamo la
funzione- è venuta meno nel corso dei secoli e l’architettura è divenuta rovina
stabilendo un punto di contatto tra momenti lontani dell’arco temporale
evolutivo. Così il tempo del rudere coincide con un momento iniziale della
costruzione, in una suggestiva circolarità della vita dell’edificio.
Redazione: Un processo temporale quindi…
demogo: Questo aspetto del rapporto mutevole, tra lo
spazio ed il tempo in architettura, suggerisce la questione del limite, ovvero
la definizione dei bordi tra l’opera ed il suo contesto attraverso l’evoluzione
temporale.
La nostra unità di ricerca svilupperà ipotesi operative che
cercheranno di manipolare il concetto di limite, lavorando sul rapporto tra lo
spazio dentro e fuori l’anfiteatro, in una rilettura dell’architettura che
esplorerà questa eterna polarità tra il vuoto e lo spazio costruito, attraverso
meccanismi di inversione.
Redazione: Detto ciò, come pensate di sviluppare il vostro
progetto?
demogo: Il workshop punterà a costruire possibili
strategie di utilizzo dell’intera area, uno studio di soluzioni in grado di
trasformare le rovine dell’anfiteatro in uno spazio da abitare, ristabilendo l’antico
legame tra questa architettura e l’uomo. Si cercherà, inoltre, di amplificare
le risonanze culturali latenti di questo luogo, ridefinendo così nuovi limiti
dotati della necessaria flessibilità spaziale contemporanea.
Redazione: Come pensate di impostare questa strategia anche
dal punto di vista operativo?
Gli studenti lavoreranno su due fronti, in una metodologia bipolare,
utilizzeranno infatti strumenti operativi differenti dovuti alla complessità
delle questioni in gioco.
1-
I bordi dell’area saranno ridisegnati attraverso architetture
di servizio, spazi necessari al nuovo funzionamento dell’anfiteatro,
costituendo così un perimetro “duro” al sistema in grado di proteggere il sito
archeologico.
2-
L’anfiteatro sarà oggetto di sperimentazione attiva, gli
studenti saranno stimolati a confrontarsi con questo importante spazio
ellittico, dovranno proporre, attraverso sistemi di costruzione a secco,
processi di modificazione funzionale reversibili. Tali processi dovranno
concentrarsi principalmente sulle diverse possibilità di utilizzo delle antiche
rovine puntando non al rapporto di forma ma alla costruzione di programmi di
utilizzo.
Redazione: Ma queste due strategie distinte, declinate con
due diversi interventi, porteranno ad un progetto di sintesi?
demogo: Queste strategie convergeranno infine in un
progetto unitario, un processo di ibridazione metodologica in continuità con l’importante
lavoro di analisi e di definizione del nuovo rapporto tra tutela e promozione
dell’archeologia fatto da Archeonet precedentemente
Al gruppo di ricerca sarà richiesto di ripensare il limite tra
architettura e contesto, di sviluppare una strategia di riappropriazione di
questo luogo, con un progetto concreto che mostri come sia possibile stabilire
un dialogo tra l’antico anfiteatro ed il bisogno di abitare il nostro tempo.
Redazione:
Grazie! Buon lavoro!
GOSSIP-LUNI
...e adesso che siamo agli sgoccioli conosciamo un po' meglio gli studi che partecipano e i loro progetti!!...
MIROARCHITETTI >"in to the wild"[s.p]
...perdersi nella natura per scoprirne nuovi riflessi, visioni, percezioni...
natura come risorsa, scenario, identità...
Ci avviciniamo alla postazione del team MIROARCHITETTI, intento a concludere il progetto per la Colonia Olivetti e il sistema delle spiagge...
un gran fermento!!Lasciamoli lavorare...!
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